PORTRAITS: He Wei

Comunicato stampa

PRIMO MARELLA GALLERY LUGANO

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Chi non ha mai sentito parlare del Ritratto di Dorian Gray?

Chi non si è mai immaginato questo lugubre e macabro deterioramento dell’anima ricreato in un’opera d’arte? Quanto ci piacerebbe poter parlare con Dorian, alla fine del suo lungo cammino nell’estetica più screanzata e sregolata, per capire come questa ricerca di un’immagine teatrale del sé che ricreasse la perfezione, finisse col disgregarsi davanti all’arte che riconfigura e riflette una realtà disarmante?

 

Analisi e scomposizione del ritratto, sono alla base di questa nuova produzione di He Wei. Dorian Gray contemporanei che si sgretolano innanzi allo sguardo dell’artista, che assumono la loro vera forma, Dorian Gray che hanno tentato, nella loro ricerca dell’esistenza, nella loro ricerca di sollievo, le vie contemporanee dei farmaci, per alleviare la pesantezza dell’essere e di un contemporaneo che non riesce mantenere un contatto definitivo con una realtà sfuggente, sempre più rapida e mutevole.

C’è un’ambiguità di fondo in questi dipinti. Hanno funzione curativa, positiva, sono medicamenti, per una realtà ormai distorta, ma non si può dimenticare che sono e saranno sempre rappresentazione vera e propria di questa realtà, ritratti di un contemporaneo complesso e disagiato, che necessita di riequilibrare, attraverso i farmaci, un eccesso di psicosi e schizofrenia.

 

“Le sostanze chimiche sono un costituente importante per la vita degli esseri umani. Sono la loro origine, la loro composizione a livello molecolare, e in quanto tale sono una sfida diretta alla teologia. Dominano il corpo fisico e producono incredibilmente la coscienza e lo spirito. 
Gli psicofarmaci sono creati dall’uomo. Sono diversi dalle medicine che curano il corpo umano. Gli Psychiatric medication provocano effetti simili alle emozioni umane e possono dominare il comportamento cosciente. 
Sono una sorta di seconda struttura della nostra composizione chimica atta a generare o alterare vari tipi di emozioni. I titoli però non spiegano le opere, sono più in un rapporto di montaggio tra l’opera e il nome dello psicofarmaco ad essa abbinato.” (He Wei)

 

A differenza delle sue tele precedenti, caratterizzate dall’annullamento del volto attraverso graffiti e forme geometriche colorate, le nuove opere sono composte da colori molto forti e incisivi, macchie d’olio, pennellate studiate e sapienti.

He Wei, senza bisogno di parole, ci accompagna attraverso la sua visione caotica dell’interiorità umana. Con forme, colori, sfumature. Con ricordi di elementi anatomici, trapiantati in posizioni perturbanti. Importunando la nostra percezione. 

Le opere incarnano, forse per la prima volta, la vera elaborazione interiore, da parte dell’artista, dei soggetti rappresentati. 

 

Attraversando questo ultimo ciclo pittorico, di opera in opera, seguiamo un sentiero, un percorso di crescita, una descrizione delle profondità dell’umano. 

 

Questo passaggio è dato prima dall’illusione di una lavorazione con elementi chimici – l’artista crea l’inganno dell’utilizzo di sostanze atte al dissolvimento della pittura – dando l’idea di un processo di scarnificazione delle figure, quasi a cancellare la sembianza umana, o meglio, a volerla scorticare brutalmente e in maniera violenta, per poter raggiungere l’interiorità di questi soggetti, la loro essenza intrinseca, fino ad arrivare – con le ultime opere – ad una situazione emblematica, in cui non c’è più bisogno di sviscerare, non c’è più bisogno di mutilare e dilaniare il corpo umano, per raggiungere la coscienza del soggetto. È la coscienza stessa ad essere emanata, a trasparire dal ritratto. Non più lo scavare a fondo, quanto l’emergere. L’irradiazione dell’essenza psicotica del soggetto. Non più il contenitore, quanto il contenuto.

 

Questi dipinti – originariamente sublimati come rappresentazione fisica somigliante per determinare l’individuo – non sono più figurazione di persone reali, bensì della coscienza, ritratti dell’io trascendentale dei soggetti.

 

Troviamo elementi disfunzionali che si combinano, un lavoro profondo di psico-investigazione della figura, effigi di psico-percezione, quanto di più lontano ci sia dal ritratto fotografico. 

Wei personifica l’essenza interiore dei suoi soggetti e non la loro immagine estetica. 

Sono umani, sono vivi, sono individui come noi, ma visti dall’interno, anzi, è l’interiorità stessa ad emanare la propria figura, le proprie sfumature e i propri colori. 

Il ritratto si nebulizza, come se uno strato di foschia ci permettesse di schermare l’esteriorità per mettere a nudo ed esporre al mondo l’aspetto interiore della figura, la psico-attitudine di questi soggetti, la brutalità, l’animalità, la crudeltà e l’ipocrisia, ogni aspetto che noi, in quanto esseri umani coscienti, cerchiamo di celare. Ogni recondito angolo dell’essere, dal più luminoso al più scabroso, è sostituito al ritratto come riproduzione estetica del soggetto come individuo. 

L’artista racconta al mondo nuove storie, storie di paure, lontane e vicinissime. Wei ci mostra con un atto violento la paura di rivelare all’altro ciò che abbiamo dentro, la nostra più segreta verità. Cos’è questo se non il modo più crudele di essere messi a nudo? Un’istantanea dell’interiore brutalità umana, che in questo caso diventa ritratto.

 

Nel libro Filosofia e Antropologia del Ritratto di Roberto Terrosi, l’autore fa riferimento ad una situazione storica odierna in cui “la costituzione trascendentale dell’io visuale si compone di razionalità a priori e di emozioni indefinite e comincia così un lavoro di definizione di sé non più attraverso l’aspetto esterno (il “fuori”) di questo “homo” empirico-trascendentale, rappresentato tradizionalmente dal viso, ma attraverso la presunta manifestazione del suo “dentro”. […] Si apre così un’epoca senza ritratti, ma che in realtà sussume tutte le forme possibili in nome del ritratto interno dell’Uomo”.

 

Il filosofo così fa riferimento a vari tipi di pittura tra la rappresentazione di forme puramente razionali e la raffigurazione di componenti emozionali, pulsioni e nevrosi, che spaziano dall’astrattismo, suprematismo e neoplasticismo, per il primo caso, all’espressionismo e il surrealismo per il secondo. Mentre in realtà manca ancora “la rappresentazione del soggetto nella sua singolarità, in quanto teso tra astrazione e pre-categorialità”. 

Possiamo dire che He Wei, a questo punto del suo percorso creativo, non solo abbia raggiunto questo stato di rappresentazione del soggetto, ma l’abbia addirittura sorpassato.

Foto esposizione
Opere